Google torna sotto indagine con l’ennesima accusa di abuso di posizione dominante.
Questa volta è il caso dell’India che accusa la società di aver impedito a diversi produttori indiani di utilizzare Android senza installare determinate app prescritte dalla società.
Spacciato per sistema Open Source, Android sarebbe quindi strettamente legato ai servizi Google, e parte della visione di controllo delle attività web di Google.
Obiettivo della compagnia, non velato, è infatti il monopolio delle attività che svolgiamo in rete, dalla mail all’intrattenimento passando per mappe e altro.
Il documento mette in mostra una serie di pratiche scorrette che hanno fatto attivare le autorità indiane, mostrando ancora una volta, una faccia ben meno amichevole di quella proposta agli utenti della compagnia che aveva giurato di non passare mai al lato “Evil“.
Google avrebbe forzato i produttori che richiedevano l’utilizzo di Android a installare le app principali della società, spingendole al massimo sugli smartphone internazionali.
Una pratica per la quale la società era giù stata accusata in Europa.
Google si difende parlando di competitività, in generale però sembra proprio che la pratica sia diffusa.
Risulta ovvio che Google voglia guadagnare da un prodotto come Android con costi enormi.
Ancora una volta, in cambio di un servizio apparentemente gratuito, il prezzo da pagare è la libertà di gestire i propri prodotti in modo autonomo.
La presenza di Android diventa indissolubilmente legata a tutti quei servizi Google che la società necessita di portare al maggior numero di utenti possibile.
Niente di nuovo sotto il sole, di sicuro però, una comunicazione più trasparente avrebbe evitato a Google l’ennesima figuraccia e la dimostrazione di come la società altro non sia che un altro dei colossi storici, con pratiche comuni e ricerca forsennata del profitto.
L’immagine di Google, nata come azienda trasparente e votata all’interesse dell’utente è finita da un pezzo.